venerdì 26 settembre 2014

La disfagia

La deglutizione è un atto fisiologico articolato che consente la progressione del bolo alimentare (la prima tappa del processo digestivo, formato da cibo triturato, sminuzzato e impastato con saliva) dalla cavità orale allo stomaco. È una funzione molto complessa che necessita di coordinazione nella muscolatura orofaringea, laringea ed esofagea.
In generale, la deglutizione può essere divisa in: una fase volontaria, che inizia il processo stesso; una fase faringea, involontaria, ed è costituita dal passaggio del cibo attraverso la faringe verso l'esofago; e una fase esofagea, anch'essa involontaria, nella quale il cibo transita nell'esofago per essere trasportato nello stomaco.

L’alterata deglutizione è un problema particolarmente rilevante e comune, da un punto di vista clinico, in quanto sintomo di numerose patologie, soprattutto di tipo vascolare (come ictus, vasculopatia celebrale nell’anziano) e neurologiche (come la malattia di Parkinson, SLA, sclerosi multipla) e neoplasie del collo (dell’esofago o della trachea).
Tale patologia viene chiamata disfagia, termine che proviene dal greco e significa appunto “difficoltà a deglutire”.
La disfagia è un sintomo molto grave se si tiene conto anche della speranza e qualità di vita del paziente oltre che, ma non meno importanti, degli impatti nutrizionali che causa. (1)

La disfagia può complire indistintamente ognuna delle fasi della deglutizione ma, sostanzialmente possiamo distinguerla in due diversi tipi:
  • disfagia orofaringea,
  • disfagia esofagea. (2)

La disfagia orofaringea è caratterizzata dalla difficoltà nel trasferimento sicuro di un bolo alimentare liquido o solido dalla bocca all'esofago, spesso si verifica in pazienti che hanno avuto un danno neurologico acuto a seguito di ictus o di trauma cranico, o in quelli con malattia neurologica progressiva come la sclerosi laterale amiotrofica o morbo di Parkinson.(2) Uno studio molto recente ha scoperto che la metà dei pazienti con ictus acuto soffre di disfagia(3).
La disfagia esofagea è, invece, caratterizzata da difficoltà nel passaggio degli alimenti lungo l'esofago. È comune nei pazienti con un disturbo della motilità esofagea, oppure con anomalie dello sfintere esofageo (superiore e/o inferiore).(2)


Poiché la probabilità d’ictus, così come di altre malattie associate alla disfagia, aumenta con l’aumentare dell'età, la disfagia è sicuramente un problema molto comune tra la popolazione anziana.(4, 5) In un sondaggio del 2007, il quale prendeva in esame un campione di anziani che viveva in modo indipendente, ha rilevato che uno su tre mostrava problemi di deglutizione.(6) Mentre, uno studio giapponese eseguito su una popolazione di anziani di età superiore ha evidenziato, in due casi su dieci, la presenza della malattia disfagica.(7)

La presenza di disfagia può portare a complicazioni di seria entità; i problemi maggiori, come si può facilmente immaginare, sono generalmente legati alla malnutrizione e alla disidratazione. Possono poi verificarsi problemi di tipo respiratorio: in molti soggetti affetti da disfagia, infatti, è frequente l’entrata di alimenti solidi o liquidi nelle vie aeree. Ciò può essere anche causa di patologie come la polmonite ab ingestis o infezioni delle vie respiratorie superiori.

Nel trattamento di questi pazienti è molto importante un approccio multidisciplinare, ma uno strumento di lavoro fondamentale è la modifica della consistenza del cibo.(1)
I pazienti con disfagia hanno bisogno di una dieta modificata equilibrata per le esigenze caloriche e nutrizionali. Il grado di modifica deve basarsi sulla capacità di deglutizione di ogni paziente e deve essere regolarmente valutato e adeguato.
La mancanza di un effettivo processo dietetico specifico per il paziente disfagico ha portato alla formazione della “National Dysphagia Diet Task Force”, e alla pubblicazione, nel 2002, della National Dysphagia Diet (NDD) dall’American Dietetic Association.(2)
Il NDD identifica alcune texture degli alimenti che bisogna tenere in considerazione al momento di decidere come la dieta per un paziente con disfagia.(8) Questi includono Viscosità (ovvero la capacità di un alimento di scivolare, il miele, lo stracchino o gli gnocchi hanno la tendenza ad incollarsi), Omogeneità (ovvero l’uniformità dell’alimento), Consistenza e/o Densità (ovvero la corposità dell’alimento) e la Temperatura.
Nel confezionare le preparazioni nutrizionali si consiglia l’uso di sostanze lubrificanti quali condimenti tipo burro, olio, panna, ecc. Per diluire si consiglia l’utilizzo di brodi, centrifugati, succhi di frutta, latte. Infine per addensare vengono utilizzate gelatine, farina, fecola, fiocchi di patate, oppure dei preparati commerciali quale amido di mais modificato che permette di mantenere la stessa consistenza nel tempo, mantiene le caratteristiche organolettiche dell’alimento e può essere utilizzato nei cibi caldi e nei cibi freddi.
La temperatura, il colore, il sapore, l’appetibilità risultano indispensabili per favorire una migliore attinenza alla dieta e migliorare la qualità di vita del paziente disfagico.
Inoltre l’NDD incoraggia l’uso di ricette standardizzate per garantire che gli alimenti vengono modificati in maniera coerente da tutti: per esempio, senza ricetta standard, il purè di patate può essere troppo secco o troppo appiccicoso da un pasto all’altro, causando difficoltà per il paziente con disfagia.
Tuttavia, oltre a modificare il menu, bisogna fornire loro un insieme di consigli dietetici che favoriscono il loro stato nutrizionale, in modo da diminuire possibili complicanze secondarie alla loro disfagia:
  • Non mangiare coricati ma in posizione eretta e seduta. Piegare la testa in avanti e abbassare il mento verso il torace durante la deglutizione.
  • Mangiare lentamente facendo attenzione a non assumere grandi quantità di cibo, sono meglio i pezzi piccoli.
  • Deglutire due o tre volte ogni boccone, bere servendosi di una cannuccia.
  • La giornata dovrebbe essere di 5 o 6 piccoli pasti per evitare un'immediata sensazione di sazietà.
  • L'ideale sono due piatti a pasto principale: 1 piatto unico e la purea di frutta ad esempio.
  • Consumare piatti che di consistenza omogenea, più facili da deglutire.
  • O si mangia o si parla: evitare di parlare mentre si mangia e assicurarsi che la bocca sia vuota prima di mangiare il boccone successivo.
  • Ogni tanto eseguire dei colpi di tosse, per controllare la presenza di cibo in gola.
  • Dopo il pasto restare in posizione eretta per almeno 20 minuti.
  • Ricordare che il consumo di liquidi freddi può favorire una migliore deglutizione.
  • Mantenere un'accurata igiene del cavo orale, evitando ristagni di cibo, muco e saliva che potrebbero compromettere la deglutizione e favorire l'insorgenza di infezioni.
  • Valutare sempre anche il ristagno di secrezioni all'interno delle fosse nasali, che può provocare una respirazione nasale difficoltosa, soprattutto durante l'alimentazione. Evitare ambienti secchi, controllare l'umidità ed eventualmente umidificare l'ambiente in modo che le secrezioni nasali non secchino ed, eventualmente, rimuoverle prima di iniziare ad alimentarsi
  • È molto importante l'aspetto psicologico, cercare di stare tranquilli, in un ambiente sereno e confortevole. Prendersi tutto il tempo che ci vuole.


Bibliografia
  1. Daniel A. de Luis, Rocío Aller, Olatz Izaola. Modified texture diet and useful in patients with nutritional risk. Nutr. Hosp. 2014; 29: 751-759.
  2. Jane Mertz Garcia et al. Managing dysphagia through diet modifications. AJN 2010; 110(11).
  3. Martino R, et al. Dysphagia after stroke: incidence, diag­ nosis, and pulmonary complications. Stroke 2005; 36(12): 2756­63.
  4. Davis LA, Spicer MT. Nutrition and dysphagia in older adults. Top Geriatr Rehabil 2007; 23(3):211­19.
  5. Humbert IA, Robbins J. Dysphagia in the elderly. Phys Med Rehabil Clin N Am 2008; 19(4):853­66.
  6. Roy N, et al. Dysphagia in the elderly: preliminary evi­ dence of prevalence, risk factors, and socioemotional effects. Ann Otol Rhinol Laryngol 2007; 116(11):858­65.
  7. Kawashima K, et al. Prevalence of dysphagia among community­dwelling elderly individuals as estimated using a questionnaire for dysphagia screening. Dysphagia 2004; 19(4):266­71.
  8. National Dysphagia Diet Task Force. National dysphagia diet: standardization for optimal care. Chicago: American Dietetic Association; 2002.

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