Il caffè è onnipresente nei nostri
momenti di relax e di lavoro. C'è chi lo prende amaro per fare l'intenditore, o
macchiato e con molto zucchero se ha voglia di un po' di dolcezza, ma dietro la
tazzina si nasconde una tradizione e un rito che si perdono nella notte dei
tempi.
La storia del caffè è davvero
lunga. Si parla di un cammino iniziato intorno al 900-1000 d.C. che continua
ancora oggi con il caffè divenuto
fenomeno
di costume, simbolo della socialità e
bevanda
che desta un grande interesse scientifico. Il caffè è giunto fino a noi
seguendo le rotte delle
navi, quelle
stesse rotte che hanno portato in
Europa
tanti altri prodotti e cibi sconosciuti e come
sempre succede in questi casi, la tradizione
popolare e le leggende s’intrecciano con
la realtà
narrando storie più o meno veritiere
intorno alle origini ed alla diffusione di questa bevanda.
Il caffè appare anche
nell’Iliade e nell’Odissea: Elena infatti aggiunge l’amara bevanda al vino “per
asciugare le lacrime degli ospiti” alla mensa di Menelao ed è il grande Omero
che lo definisce utile “contro i dispiaceri, i rancori e la memoria dei
dolori”.
La misteriosa bevanda nera e
amara con virtù eccitanti appare anche nelle antiche leggende Arabe infatti
Allah inviò all'Arcangelo Gabriele del caffè, scuro come la sacra pietra nera
della Mecca, per curare Maometto colpito dalla malattia del sonno. La pozione
nera mandatagli da Allah permetterà al Profeta di recuperare forza e salute e,
come racconta il Corano, di disarcionare quaranta cavalieri e di soddisfare
altrettante donne.
Una leggenda turca narra
inoltre che Allah avesse bevuto caffè prima della creazione, thè nel giorno di riposo
e vino quando Adamo ed Eva gli disobbedirono. Perché solo il caffè può rendere
più intelligenti e creativi.
Una curiosa storia proviene
dal lontano Yemen e narra di un pastore il quale, notò come le capre dopo avere
brucato alcune bacche rossastre da una pianta erano diventate particolarmente
irrequiete ed eccitate. Il pastore riferì l’accaduto ad un monaco del vicino
monastero di Chehodet. Il monaco provò a preparare con le bacche una bevanda nell’intento
di restare sveglio più a lungo e dedicare più tempo alla preghiera.
"Caffè" deriva dal turco qahvé, a sua volta
derivante dall'arabo qahwah che significa vino o bevanda eccitante. Alcuni
sostengono che il nome caffè derivi dall’altopiano Kaffa in Etiopia, ricco di
colture, ma molti sostengono che viceversa sia l’altopiano stesso ad avere
acquisito dal caffè il proprio nome. Si dice, infatti, che l’altopiano abissino
abbia ricevuto questo nome quando ormai il caffè era già noto in tutto il mondo
ed il termine caffè deriverebbe dal turco Kahve a sua volta proveniente
dall’arabo Qahwa che sta a significare vino e bevanda eccitante.
Possiamo affermare che già a
partire dal 1454 nell'odierno Yemen era consuetudine sorseggiare il caffè ed il
governo ne approvò il consumo lodando le sue qualità corroboranti contrapposte
a quelle soporifere del qat o kat, bevanda diffusa su tutto il territorio
nazionale. Da qui partì una vera e propria diffusione che toccò le coste del
Mar Rosso, La Mecca e Medina fino ad arrivare al Cairo incontrando un ampio
favore dei popoli arabi favorito anche dal divieto del Corano di bere vino che
trovò immediata sostituzione proprio con il caffè assumendo l'appellativo
ancora oggi valido di "Vino
dell'Islam".
Secondo le statistiche, i maggiori
produttori mondiali sono, nell'ordine, il Brasile, il Vietnam, la Colombia e
l'Indonesia. Seguono, con ordine variabile secondo le annate, Messico,
Guatemala, Honduras, Perù, Etiopia, India.
La pianta del caffè appartiene al genere Coffea, che fa parte della famiglia
botanica delle Rubiaceae, un gruppo
di angiosperme che comprende oltre 600 generi e 13.500 specie. E'
una pianta sempreverde, tipica delle aree
comprese tra il tropico del Cancro e il tropico
del Capricorno, caratterizzate da un clima
caldo umido in cui le temperature
oscillano tra
i 15 e i 25°C.
Delle circa 60 specie di piante di caffè
esistenti, solo 25 sono le più commerciali per i frutti, ma di queste solo le
prime quattro hanno un posto di rilievo nel commercio dei chicchi di caffè la Coffea Arabica, la Coffea Robusta, la Coffea
Liberica e la Coffea Excelsa.
Le
specie differiscono per gusto, contenuto di caffeina, e adattabilità a climi e
terreni diversi da quelli di origine.
Il caffè è stato definito, dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), not
nutritive dietary component cioè una sostanza che nonostante contenga
nutrienti, non è un alimento. In realtà contiene, oltre alla caffeina, più di
600 sostanze chimiche diverse, molte delle quali volatili, che scompaiono dopo
la tostatura, altre si trasformano, altre ancora invece se ne formano.
Poiché i processi di torrefazione possono
essere differenti, a seconda del tipo di tostatura che si desidera, anche la
composizione risulta differente: è facile quindi immaginare quanto possa essere
varia la composizione, in termini di qualità e di quantità, dei vari tipi di
miscele di caffè in commercio. Ad esempio, l'Arabica contiene più lipidi e
altre sostanze come la trigonellina mentre la Robusta contiene più caffeina
(circa il doppio rispetto all’Arabica) e acidi clorogenici.
Inoltre, sono stati identificati alcuni
componenti minori presenti in una specie e totalmente assenti nell'altra. Tra
le componenti più importanti del caffè figurano:
-
minerali: il caffè verde contiene il 4% circa di
minerali (potassio, calcio, magnesio, fosfati, solfati etc) di cui il 40% è
rappresentato da potassio. Quest'ultimo viene estratto quasi totalmente durante
la preparazione della bevanda e si ritrova nella tazzina;
-
lipidi: trigliceridi, acidi grassi liberi e alcune cere presenti
nella parte corticale del chicco. Molti lipidi vanno persi durante la tostatura
e molti altri vengono trattenuti durante la
preparazione della bevanda. Soltanto nel caffè bollito,
tipico dei Paesi nordici, gran parte dei
lipidi passano nella bevanda e questa
frazione lipidica può contenere il
cosiddetto "fattore X", sospettato di essere responsabile dell'innalzamento
del colesterolo nel sangue;
-
proteine e aminoacidi: circa metà delle proteine sono albumine
solubili in acqua, ma sia le proteine sia gli aminoacidi liberi si perdono
durante la tostatura o restano inutilizzati nei pigmenti marroni del chicco
tostato;
-
carboidrati: in parte solubili (saccarosio, polimeri
dell'arabinosio, del galattosio , etc) e in parte insolubili (cellulose) si
perdono durante la tostatura mediante depolimerizzazione e per formazione di
composti aromatici, mediante reazione con gli aminoacidi a causa della reazione
di Maillard.
Mettendo le due specie di caffè a
confronto, si notano differenze tra i componenti, sia nel frutto ancora verde,
sia quando il chicco è tostato. Nel frutto verde, infatti, la caffeina varia
dallo 0,9 nell’Arabica al 2,16% nella Robusta, la sostanza secca estraibile
(costituita soprattutto da cellulosa e polisaccaridi) dal 29 al 35%; i grassi
dal 7,2 al 16,5%; la trigonellina dallo 0,32 al 1,4%; gli acidi clorogenici dal
5,8 all'85%; l'acqua dal 6 al 14%; gli zuccheri dal 7 al 10%.
I grassi contenuti nei semi del caffè
contengono fino al 2,7% di acido linoleico, il che potrebbe essere interessante
dal momento che recentemente è stato visto che un isomero dell'acido linoleico
può avere alcune proprietà anti carcinogene come antiossidante.
Tra le numerose sostanze presenti nel
caffè sino ad oggi sono stati identificati 360 costituenti chimici volatili tra
i quali si annoverano idrocarburi, alcali, aldeidi, chetoni, fenoli, esteri,
lattoni.
Le prime evidenze scientifiche sui
benefici effetti della bevanda e sulle sue qualità terapeutiche provengono dal
filosofo e scienziato persiano, oltre che medico, Avicenna. Definito a ragione
il più grande pensatore del mondo arabo del secolo XI, autore di un Canone di
Medicina in cui viene codificata l’intera scienza medica degli arabi e degli
antichi, Avicenna prescrive il caffè come medicamento.
Inoltre, anche in Europa dalla seconda
metà del 600, quando si venne a creare una sorta di “moda” del caffè, specie
tra i ceti più agiati, vennero attribuite al caffè una serie di proprietà
fisiologiche: il caffè avrebbe favorito la digestione, rafforzando il fegato e
la cistifellea, purificato il sangue, calmato lo stomaco, fermato la fame, reso
sobri gli ubriachi. Il caffè dunque venne considerato una sostanza capace di
stimolare la riflessione e il ragionamento e capace di tenere svegli.
Il consumo di caffè è generalmente messo
in relazione con un grande numero di malattie e alterazioni della salute.
Tuttavia, la maggior parte degli studi epidemiologici riguardo a questa
relazione non hanno portato a una conclusione chiara, principalmente a causa
della mancanza di informazioni concrete e continue per quanto riguarda la
frequenza di consumo, l'esatta composizione della bevanda, e fattori associati
a uno stile di vita malsano (fumo di sigaretta, alcol e sedentarietà). Tutti
questi aspetti in combinazione potrebbero portare a malattie o problemi di
salute. Attualmente la letteratura scientifica sull’argomento è vastissima,
persino contraddittoria. Ciò significa che risulta difficile interpretare i
dati statistici disponibili.
La tazzina di caffè è uno dei piaceri
quotidiani ai quali nessuno sarebbe mai disposto a rinunciare. Ma se sulla
bontà del caffè tutti concordano, ognuno ha comunque il suo modo di interpretare
la scura bevanda: chi sulla scia della napoletanissima “tazzulella” lo
preferisce carico ed aromatico e chi invece lo predilige in versione allungata;
chi non rinuncia al gusto dell’espresso anche a casa e chi non abbandonerebbe
mai la moka. Tutto questo è diventato un rito che si propaga di generazione in
generazione e che racchiude all’interno di una semplice tazzina i segreti
dell’arte del gusto, alcuni brevi ma intensi sorsi di piacere che diventano una
pausa di tranquillità, di gioia e di ricarica che portano il caffè ad essere un
compagno per tutte le ore della giornata. Questa bevanda, bevuta nei tempi
ancor prima del vino e della birra, riesce a fondere aspetti diversi, che vanno
dall’evocazione di molteplici emozioni al suo significato sociale fino a
giungere all’importanza scientifica dei suoi componenti. Infatti, è all’incirca
dagli anni ‘80 che si registra una nuova tendenza nella ricerca, quando per la
prima volta vengono presi in esame gli effetti benefici del caffè e della
caffeina sull'uomo. La riabilitazione, della bevanda, prevedibile del resto, ha
fatto sì che prevalesse il buon senso e che fossero sconfessate alcune
affermazioni che per anni avevano gettato un’ombra sul caffè e sul suo
principale componente. È ancora presto per raccomandare un incremento nel
consumo di caffè per la prevenzione delle malattie ma, sicuramente, le sue
radici profonde e la numerosa letteratura scientifica smentiscono la presenza
di un ruolo negativo nell’uso della bevanda, sostenendo che un buon caffè non
può essere negato a nessuno.
Sitografia
e Bibliografia
1.
http://it-it.abctribe.com
2.
http://www.caffesalute.it
3.
http://www.pericaff.com/contenuti/caffe.htm
4.
Harland
B: Caffeine and nutrition. Nutrition.
16, 522-526, 2000.
5.
S.
Eisenberg, Looking for the perfect brew,
Science News,
133, 252–253, 1988.
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