Gli studi
epidemiologici intrapresi nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato che
l’alimentazione può costituire un importante fattore di protezione nei
confronti di numerose malattie. Il ricorso a diete ricche di prodotti vegetali,
come frutta e verdura, particolarmente rilevante nella dieta cosiddetta
“mediterranea”, appare quindi corretto per la capacità di proteggere la salute
umana.
Nell’ambito
della prevenzione delle malattie coronariche, l’uva viene annoverata tra gli
alimenti di origine vegetale dotati di maggiore efficacia, ed utilizzata nella
scienza medicinale da tempo immemorabile.
L’Ayurveda,
uno dei libri più antichi della tradizione indù, ha descritto la “darakchasava”
(succo fermentato di uve rosse) come prodotto di tipo cardiotonico[1]
mentre il succo d’uva o il vino rosso è stato descritto come un “dono di Dio”
nella tradizione Biblica, con evidente riferimento alla natura depurativa e
curativa di tale elemento.
Negli
ultimi anni l’attenzione verso gli antiossidanti e, in particolare, verso il
resveratrolo, ha acceso la curiosità di molti ricercatori che operavano nei
settori più diversi.
Il
resveratrolo è presente in tutta la pianta della vite, sia negli acini sia nei
semi dell’uva ma anche nel fusto e nelle radici, e quindi, ovviamente, in
grande concentrazione anche nel vino.
È la pianta stessa a produrre tale
sostanza per proteggersi dall’attacco di funghi, che frequentemente possono
essere causa d’importanti malattie per la vite stessa.
Il
resveratrolo è contenuto anche nelle arachidi, nei pinoli, oltre che in una
grande varietà di frutta fresca come nelle bacche di gelso, nel mirtillo nero,
nel mirtillo rosso, nelle more, nella panassa (“jackfruit”) e nella mortella di
palude (“cranberry”). È contenuto, inoltre, in una grande varietà di fiori e
foglie come l’Orchidea, l’Helleborus bianco, il Pino silvestre, la Clintonia
borealis, l’Eucalipto e l’Abete rosso (Tabella 1).
Tabella 1. Concentrazione di
resveratrolo in alcuni alimenti naturali.
Nell'uva il
resveratrolo è contenuto principalmente nella buccia del frutto,
conseguentemente dopo la sua spremitura, lavorazione e fermentazione, essa si
concentra nel vino in percentuali variabili dipendenti dalla qualità della
vite, dalla zona geografica di coltivazione e dal tempo di fermentazione oltre
che dalle tecniche di coltura e di lavorazione[2]. Questa sostanza,
più abbondante nell'uva non trattata con fungicidi e pesticidi, è inoltre
maggiormente concentrata nel vino che più a lungo viene fatto fermentare
insieme alle bucce.
In
particolare, i fattori che influenzano il contenuto di resveratrolo nel vino
sono:
- Colore: nella produzione del vino bianco la fermentazione avviene senza il contatto del mosto con le bucce (fermentazione in bianco), diversamente da quanto avviene nella produzione del vino rosso. Poiché il resveratrolo è presente nella buccia dell'uva e non nella polpa, il contenuto di tale sostanza risulta essere inferiore nei vini bianchi rispetto ai vini rossi
- Origine geografica: i vini ottenuti da vitigni coltivati ad elevate altitudini sembrano possedere un contenuto in resveratrolo superiore (questa sostanza avrebbe la funzione di proteggere la pianta dai raggi UV). La latitudine non sembra invece influenzare significativamente la sua concentrazione.
- Annata: le condizioni climatiche che favoriscono lo sviluppo di miceti patogeni per la pianta fanno aumentare i processi di sintesi di resveratrolo, che viene prodotto dalla piante quale naturale difesa antifungina.
- Concimazione: la concentrazione di resveratrolo nell'uva aumenta al diminuire della concimazione azotata[3].
Già
dall’antichità il resveratrolo veniva estratto dal “Polygonum Cuspidatum"[4-6],
una pianta utilizzata per le sue proprietà lassative e per numerosi altri scopi
come ad esempio il trattamento delle dislipidemie, dell’aterosclerosi, delle
allergie e delle infiammazioni. Le radici di questo vegetale contengono infatti
un’elevatissima concentrazione di resveratrolo, fino a 400 volte superiore
rispetto a quella riscontrata nell’uva e nel vino, permettendo quindi la
preparazione di un estratto vegetale ad elevata concentrazione di principio
attivo.
Cos’è resveratrolo?
Il
resveratrolo appartiene alla famiglia dei composti fenolici, potenti
antiossidanti naturali. Possiamo distinguere due classi principali di
polifenoli: i flavonoidi e gli stilbeni.
Il
resveratrolo fa parte della grande famiglia degli stilbeni.
Il
resveratrolo, quindi, è una fitoalexina naturale abbondantemente presente sulle
bucce degli acini d’uva e quindi nel vino, facilmente accessibile attraverso la
via alimentare.
La presenza
del resveratrolo (3,4,5’-triidrossi-trans-stilbene) in Vitis vinifera fu
evidenziata per la prima volta da Langcake e Pryce, nel 1997[7] e
solo uno studio successivo consentì di identificare che il trans-resveratrolo,
la sostanza responsabile delle numerose azioni benefiche, era presente solo
nelle foglie malate della vite e non in quelle sane[8].
Successivamente, altri studi hanno confermato tale osservazione. Orallo, nel
2006, dimostrò che, sebbene in natura fossero presenti entrambe le forme
stereoisometriche del resveratrolo, solo l’isomero trans sembrava essere responsabile
di effetti benefici[9].
Il
resveratrolo presenta un’ampia varietà di proprietà farmacologiche ed è stato
chiamato in causa per spiegare il cosiddetto “Paradosso Francese”, riferito a
studi epidemiologici condotti negli anni ’70, che evidenziavano l’indubbia
correlazione tra consumo eccessivo di grassi saturi e malattie cardiovascolari.
Lo studio, che era stato effettuato su popolazioni di vari paesi, portava a
conclusioni opposte, solo relativamente alla popolazione francese e ciò aveva
fatto supporre che potesse essere l’elevato consumo di vino rosso la variabile
responsabile della discordanza dei dati.
Nel 1992,
un analogo studio effettuato da due scienziati francesi[10] relativamente
alla correlazione tra mortalità dovuta a malattia coronarica e assunzione di
grassi animali nella dieta, portarono ad un’analoga conclusione. Anche in
questo caso, tra tutti i Paesi esaminati solo il campione ottenuto su
territorio francese (raccolto tra le città di Lille, Strasburgo e Tolosa) fornì
risultati contrastanti. Nonostante l'elevato consumo di grassi animali,
infatti, i Francesi facevano registrare il più basso tasso di mortalità per
malattia coronarica.
I due
ricercatori cercarono di dare una risposta a tale paradosso. Dall'osservazione
statistica del maggior consumo di vino in terra francese, scaturì l'ipotesi che
tale bevanda potesse controbilanciare gli effetti dell'elevata ingestione di
grassi animali. Dal momento che gli effetti negativi dell'alcool erano già
stati ampiamente documentati e che il vino si era dimostrato più efficace di
altre bevande alcoliche nella riduzione dell'incidenza di malattie
cardiovascolari, il secondo passo fu quello di ipotizzare che alla base del
paradosso francese non ci fosse l'alcool, bensì altre sostanze presenti nel
vino non ancora identificate. Ulteriori studi portarono così alla scoperta del
resveratrolo e di altre sostanze simili, quali il piceatannolo, lo
pterostilbene, l'epsilon-viniferina e il piceide[11].
Dal 1992 il
resveratrolo è stato quindi oggetto di molteplici studi in vitro che ne hanno
dimostrato le numerose caratteristiche benefiche, attirando l’attenzione di
medici e ricercatori.
Come sostanza
antinvecchiamento, il resveratrolo è considerato un antiossidante, è attivo
contro alcuni radicali liberi e impedisce l'ossidazione del colesterolo LDL. Tuttavia
gli effetti antiossidanti sono stati osservati in vitro, e non in vivo, quindi
non si hanno conferme sulla sua utilità nell'organismo umano.
Nei
consumatori di vino rosso si assiste, inoltre, ad una riduzione
dell’aggregazione piastrinica, ad un incremento dei livelli plasmatici del
colesterolo HDL (lipoproteina ad alta densità, responsabili dello smaltimento
del colesterolo in eccesso nei tessuti periferici) (lipoproteine a bassa
densità). Questi eventi si associano ad una minore formazione di placche
aterosclerotiche[12] nei vasi sanguigni e quindi ad una riduzione
degli eventi cardiovascolari, il che conferisce al resveratrolo anche un
effetto cardioprotettivo.
L'analogia della struttura
chimica del resveratrolo con quella di un potente estrogeno sintetico ha
suggerito la possibilità che il resveratrolo possa funzionare come antagonista
dell'attività ormonale, in particolare nell'impedire l'assorbimento di
estrogeni. Dal momento che questi complessi meccanismi sono coinvolti anche
nella crescita delle cellule tumorali (per esempio in quelle del tumore al
seno), alcune ricerche cercano di capire come sfruttare il resveratrolo come
possibile integratore dalla funzione antitumorale. Tuttavia le ricerche sono
discordanti, in quanto hanno raggiunto conclusioni opposte sul fatto che il
resveratrolo possa essere un agonista o un antagonista della ricezione di
ormoni estrogeni.
Il resveratrolo è stato
studiato anche per la possibilità di impedire la trasformazione di alcune sostanze
in sostanze cancerogene. Tale effetto però è stato osservato solo in culture di
cellule. Alcune ricerche hanno mostrato inoltre che, aggiungendo resveratrolo a
culture di cellule tumorali, la loro crescita è risultata rallentata, come pure
la loro capacità di autoalimentarsi tramite l'attività di angiogenesi
(creazione di nuovi vasi sanguigni che alimentano il tumore). Comunque sia,
l'ipotesi di sostanza antitumorale è, basandosi sulle ricerche attuali, da
considerarsi azzardata.
L'effetto antinfiammatorio
sarebbe invece supportato dalle capacità del resveratrolo di inibire alcune
reazioni, come la ciclo-ossigenasi, esattamente come fanno i più classici
antinfiammatori. Anche questo effetto però è stato osservato solo in vitro.
La maggiore
problematica legata al resveratrolo, oltre al fatto che la maggior parte degli
studi condotti sono stati verificati in vitro e non sull’essere umano, è
rappresentata dalla sua scarsa concentrazione nei prodotti naturali e dalla sua
bassa biodisponibilità, che ne limitano l’utilizzo in vivo. Queste condizioni,
infatti, fanno sì che la supplementazione con resveratrolo di origine naturale
sia teoricamente possibile, ma praticamente irrealizzabile, in quanto è
necessaria una concentrazione piuttosto elevata nel sangue per poter beneficiare
dei suoi effetti positivi[13].
Bibliografia
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